Fino al III° decennio del XIX° secolo l’acqua che si consumava a Biasca proveniva dai vari ruscelli o dal sottosuolo. È stato calcolato che il consumo d’acqua giornaliero ammontava a circa 5 litri per persona, mentre oggi si superano abbondantemente i 300 litri.
C’erano alcuni pozzi in case private o pubblici all’aperto. Buona parte dell’acqua consumata proveniva dai vari ruscelli, torrenti, rogge e la potabilità non era garantita. Molte malattie anche gravi erano sicuramente, anche se a quel momento nessuno lo sapeva, riconducibili alla poca salubrità dell’acqua. A Biasca c’erano molti gozzuti tanto che gli abitanti erano soprannominati i Goss, malattia che a posteriori venne attribuita alla poca salubrità delle acque del Brenno e dei suoi affluenti.
All’inizio del XIX° secolo la scienza comincia a parlare e a studiare la microbiologia che rivela al mondo intero che nell’acqua vive e prospera un numero incredibile di germi portatori di malattie. La mancanza di salubrità viene presto associata alle malattie mentre l’igiene diventa garanzia di buona salute.
Sempre in questo periodo assistiamo a Biasca a un notevole aumento della popolazione che in mezzo secolo praticamente raddoppia raggiungendo nel 1850 i 2'000 abitanti. La municipalità per migliorare la salute pubblica propone di costruire un nuovo acquedotto andando a captare l’acqua dove si riteneva fosse migliore, forti del detto che recita: “r’acqua c’a facc düi salti e do tomm a po’ bevala qualsiasi galantom”.
Così nel 1834 la Municipalità decide di approvare il disegno dell’ingegner Fontana che prevede la costruzione di due bronni (fontane) e che l’acqua sia captata sopra l’oratorio di Santa Petronilla e trasportata con canali di pietra, preferiti anche se molto più cari a quelli in cotto, fino al di là del riale di Chiesa (Nadro) al costo di lire cantonali 7'855.
Il lavoro viene eseguito in pochi mesi da due muratori della val d’Intelvi, Peduzzi e Giobbe. Viene scavato in blocchi di pietra trovati sul posto e in parte nella roccia viva per una lunghezza totale di 987 metri. Vengono previsti anche alcuni pozzetti assai profondi scavati in grossi massi che servivano da dissabbiatori e per fermare impurità e sporcizia. Il tutto viene ricoperto da piode e zolle. Il canale termina in un bacino di raccolta alla Riva e da qui per mezzo di tubi (cannoni) scavati nel legno l’acqua viene portata nelle due fontane pubbliche. Ogni fuoco (economia domestica) biaschese doveva fornire un tubo della lunghezza di due metri circa.
L’acquedotto è rimasto in funzione fino al 1905. Aveva una portata di circa 600 litri al minuto che corrisponde a circa 900 m3 al giorno di acqua al giorno.
Il Patriziato in collaborazione con Alptransit e il Comune nel 2006 ha ripristinato la presa e i primi 300 metri di questo acquedotto. Questo intervento era parte di un progetto più ampio che prevedeva il recupero e la riqualifica della selva castanile e dell’area pedemontana tra la chiesa di San Pietro e l’Oratorio di Santa Petronilla. Questo progetto ha ricevuto il premio ASPAN (Associazione svizzera per la pianificazione del territorio) di CHF 5'000.00 Ora per tutta questa zona la manutenzione è retta da una convenzione che per competenze è affidata a Patriziato, Comune, Parrocchia e Ente Turistico e per educazione ai diversi frequentatori.